A Borek, periferia di Chelm si trova il bosco degli italiani, per i polacchi „la padella degli italiani”. Un bosco ad est della Polonia al confine con l’Ucraina dove i nazisti tedeschi trucidarono per poi seppellire in fosse comuni (camuffatte piantumando l’intera zona) migliaia di soldati italiani (IMI) che si erano rifiutati di continuare la guerra al fianco della Germania nazista. Nel 1946 furono ritrovate 11 fosse comuni, lunghe 20 metri dove riesumarono migliaia di corpi, 3122 furono riconosciuti come militari italiani attraverso le divise e gli effetti personali.
Una strage della quale non si parla e si conosce poco in quanto lo Stato Italiano si e’ totalmente dimenticato, o meglio volutamente dimenticato per „ la ragion di Stato”.
Lo scorso corso anno sono stato in visita nel bosco di Borek. In prossimita’ del cimitero cittadino, si trovano alcune tombe comuni, curate dagli abitanti del luogo, dove sono sepolti i resti dei soldati italiani che hanno pagato con la vita, il loro „NO” al nazismo tedesco.
Una lapide posta privatamente da alcuni reduci nel 1989 con la scritta „L’ITALIA RICORDA GUISCO CHELM 1989” celebra il loro sacrificio.
A circa un chilometro dal luogo della strage nel bosco si possono ancora vedere alcuni resti di quello che era lo stalag 319.
Frammenti della testimonianza di Claudio Sommaruga uno dei sopravvissuti allo stalag 319.
„…A Chelm vi erano molti Lager con una capienza totale di 25.000 prigionieri russi, italiani (IMI) e deportati civili. Nell’autunno 1943 vi transitarono 10/13.000 militari italiani catturati in Grecia e nei Balcani. Dal novembre del 1943 a fine gennaio del 1944, nello St 319/C furono internati circa 2350 ufficiali italiani (tra cui lo scrivente) e un centinaio di soldati. Era un vecchio Lager fatiscente della grande guerra, inagibile dal 1942 anche per prigionieri russi ma per i nazisti idoneo e intimidatorio per degli ufficiali italiani renitenti ad ogni collaborazione! Freddo sotto zero con punte anche a –30°C, ghiaccioli in baracca dal tetto, riscaldamento a calor d’uomo con la stufetta accesa ogni tanto se c’era torba, giacigli con assicelle rade come arcate di ponti e pochi trucioli per materasso, niente luce elettrica né acqua potabile, terreno paludoso, disciplina ferrea e ginnastica sotto la neve perché candidati alla “tratta degli schiavi”. La fame era da piaga biblica, senza pacchi da casa e appena smorzata dall’“autocannibalismo” di muscoli e grassi e dalla svendita a borsa nera degli ultimi effetti personali, con una speranza di vita di pochi mesi e con malattie favorite dall’inedia (influenza, tifo, tbc, dissenteria.)[…]
…A Chelm alloggiavo nella baracca n. 29, quando il 19 gennaio 1944 i tedeschi sorteggiarono quelli delle baracche dispari e li caricarono su una tradotta per Deblin e da allora non avemmo più notizie dei compagni delle baracche pari! Tre anni dopo, il 24 ottobre 1946, il Corriere della Sera pubblicava reportage del giornalista americano E. Stone con un titolo che mi fece sobbalzare: ”Ho visto a Chelm le fosse degli italiani”. Che fossero i miei compagni delle baracche pari? […]
…Secondo varie testimonianze, 400 ufficiali italiani sarebbero stati fucilati, 50 al giorno, dopo esposizione al gelo, rei di avere esortato i soldati a non collaborare col nemico! Una settimana dopo fu la volta dei soldati sempre renitenti, dapprima torturati al freddo senza coperte e cibo, poi mitragliati dalle SS, comandate da un maggiore, dopo essersi scavate le fosse dove furono sepolti anche vivi da prigionieri russi! Terrificante! […]
Un video (in lingua polacca) con immagini e testimonianze