Helene Hannenmann era una donna tedesca ariana sposata con Johann violinista Rom. Dal loro matrimonio nacquero cinque bambini, due dei quali gemelli.
Quando nel maggio del 1943 la polizia tedesca entrò nel loro appartamento a Berlino per portare via suo marito e i cinque figli, non esitò e decise di restare con loro.
I nazisti deportarono l’intera famiglia nel Campo di concentramento e centro di sterminio nazista tedesco di Auschwitz-Birkenau. Una volta arrivati al Campo furono rinchiusi nella sezione BIIe di Auschwitz II-Birkenau, lo Zigeunerlager, il “Campo delle famiglie zingare”.
Alla signora Hannemann, di origine tedesca ariana, fu assegnato un lavoro presso il Kindergarten. Nel “Campo delle famiglie zingare”, il dottor Mengele ordinò il cosiddetto Kindergarten una sorta di asilo nido e scuola materna, in cui furono inclusi bambini sotto i 6 anni, compresi quelli oggetto del suo interesse. Molti bambini della scuola materna furono vittime dei suoi esperimenti.
Helene Hannemann, ottenne una promessa personale dal Dr. Mengele che lei e i suoi cinque figli sarebbero stati salvati.
Quando gli uomini delle SS arrivarono alla sezione BIIe con l’obiettivo di procedere alla sua liquidazione nella fatidica notte del 2 agosto 1944, Helene si nascose con i figli nel Kindergarten.
Una volta ultimata l’uccisione di piu’ di 2.800 persone, le SS continuarono ad ispezionare ognuna delle baracche dello Zigeunerlager alla ricerca di eventuali prigionieri nascosti all’interno.
Quando arrivarono al Kindergarten, trovarono tremanti di paura e terrorizzati Helene con i suoi cinque figli.
Le SS offrirono a Helene l’opportunità di salvarsi, era tedesca, non doveva morire, ma le imposero una condizione terribile, che se ne andasse sola lasciando i suoi figli.
Senza esitare si rifiutò e con i suoi cinque figli morì il 2 agosto 1944 in una camera a gas di Birkenau.
I cinque figli e il marito di Helene avevano commesso un solo crimine per i nazisti, erano nati „Rom”.
[…] Ma le madri vegliarono a preparare con dolce cura il cibo per il viaggio, e lavarono i bambini, e fecero i bagagli, e all’alba i fili spinati erano pieni di biancheria infantile stesa al vento ad asciugare; e non dimenticarono le fasce, e i giocattoli, e i cuscini, e le cento piccole cose che esse ben sanno, e di cui i bambini hanno in ogni caso bisogno. Non fareste anche voi altrettanto? Se dovessero uccidervi domani col vostro bambino, voi non gli dareste oggi da mangiare. […]
Primo Levi “Se questo e’ un uomo”
Nel blocco numero 6 ad Auschwitz I l’ultima stanza e’ dedicata ai bambini. Passando davanti ai vestitini, alle scarpine degli innocenti piu’ innocenti di tutti, mi viene sempre alla mente questo pensiero di Primo Levi nel racconto dell’ultima notte nel Campo di Fossoli prima della partenza verso Auschwitz.
Per la mano assassina nazista, l’unica colpa di questi bambini era quella di essere nati.
E’ accettabile essere considerati colpevoli in quanto nati?
Il 21 luglio 1944 Jerzy Bielecki (prigioniero politico polacco) camminava, indossando un’uniforme rubata delle SS, per le strade di Auschwitz, al suo fianco la sua innamorata (ebrea polacca) Cyla Cybulska.
Le ginocchia tremavano dalla paura, cercarono di mantere la calma arrivando davanti alla guardia tedesca che dopo averli guardati pronuncio’ le miracolose parole „Ja, danke” (si grazie) e li lascio’ uscire dal Campo della morte verso la liberta’.
Era un detto comune fra i prigionieri di Auschwitz che l’unica via d’uscita dal Campo era attraverso il camino del crematorio. Loro erano riusciti attraverso „la porta laterale”.
Bielecki aveva 19 anni quando i tedeschi lo arrestarono con l’accusa di far parte della resistenza. Fu deportato ad Auschwitz con il primo trasporto del 14 giugno 1940 proveniente dalla prigione di Tarnow. Venne registrato con il numero 243 e inviato a lavorare nei magazzini dove ebbe la fortuna di „organizzare” cibo aggiuntivo che gli offri’ piu’ possibilita’ di sopravvivenza.
Dal 1942 iniziarono ad arrivare ad Auschwitz trasporti di massa di ebrei provenienti dai vari paesi europei. La maggior parte di loro, circa l’80% all’arrivo fu inviato direttamente alle camere a gas e uccisi con il gas (sterminio diretto), una piccola parte registrata nel Campo (sterminio indiretto).
Nel settembre del 1943 Bielecki fu assegnato ad un magazzino dove veniva raccolto grano. Mentre un prigioniero gli spiegava il lavoro, si apri’ improvvisamente la porta ed entrarono alcune ragazze.
„Mi sembrava che una di loro, con capelli scuri mi strizzasse l’occhio. Era Cyla (Cybulska) che era stata assegnata al magazzino per sistemare i sacchi di grano” raccontava Bielecki sorridendo ricordando la scena.
La loro amicizia crebbe fino a trasformarsi in amore, in quanto il lavoro nel magazzino offriva loro la possibilita’ di stare soli per poter raccontare le loro vite, le loro speranze e sogni.
Cybulska, con i genitori, due fratelli e una sorella minore furono rinchiusi nel gennaio 1943 nel ghetto di Lomza (nord Polonia) e sucessivamente deportati ad Auschwitz-Birkenau. I genitori e la sorella furono immediatamente inviati alle camere a gas, lei e i fratelli furono registrati. Alla 22enne Cybulska le fu tatuato sull’avambraccio sinistro il numero 29558.
Di giorno in giorno l’amore tra i due ragazzi crebbe cosi’ come l’idea di Bielecki di pianificare una fuga.
Da un amico polacco impiegato nel magazzino dove venivano tenute le uniformi delle SS, ottenne un’uniforme completa da SS e un lascia passare. Utilizzando una gomma e una matita, cambio’ il nome dell’ufficiale segnato sulla divisa da Rottenfuehrer Helmut Stehler a Steiner nell’eventualita’ in cui la guardia conoscesse il vero Stehler. Si procuro’ anche del cibo, un maglione e degli stivali per Cybulska.
La informò del suo piano dicendole: “Domani una SS verra’ a prenderti per un interrogatorio. Quella SS saro’ io!”
Il pomeriggio successivo, Bielecki, vestito con l’uniforme rubata, ando’ alla lavanderia dove Cybulska lavorava e chiese al supervisore tedesco di consegnarli la donna in quanto doveva essere interrogata. Bielecki la porto’ fuori dalla baracca e insieme si incamminarono verso un cancello laterale custodito da una sonnolenta SS che li lascio’ passare.
Si incamminarono su una strada e poi si nascosero tra i cespugli in attesa del buio. Per nove notti marciarono sotto la copertura delle tenebre verso la casa di un zio di Bielecki in un villaggio non lontano da Cracovia.
Cybulska fu poi nascosta presso una fattoria vicina, Bielecki decise di nascondersi a Cracovia. Dividersi rappresentava una possibilita’ in piu’ di sfuggire alla cattura da parte dei nazisti. La coppia trascorse l’ultima notte insieme sotto un albero di pere in un frutteto. Salutandosi si promisero di incontrarsi subito dopo la guerra.
Quando i sovietici nel gennaio 1945 liberarono Cracovia, Bielecki lascio’ il nascondiglio in citta’ e percorrendo 40 chilometri lungo strade coperte di neve si diresse verso la fattoria per incontrare Cybulska.
Arrivo’ con quattro giorni di ritardo.
Cybulska, non consapevole che l’area in cui lei era stata nascosta era stata liberata tre settimane prima di Cracovia, non vedendolo arrivare penso’ che fosse morto oppure che aveva cambiato idea.
Decise di andare a Varsavia per poi proseguire per gli Stati Uniti dove aveva uno zio. Sul treno incontro’ un uomo ebreo, David Zacharowitz, e i due iniziarono una relazione e alla fine si sposarono. Si diressero verso la Svezia e poi dallo zio a New York, che li aiutò ad avviare un attivita’ di gioielleria. Zacharowitz mori’ nel 1975.
In Polonia, anche Bielecki si creo’ una famiglia e lavoro’ come direttore di una scuola di meccanica. Non ebbe piu’ notizie di Cybulska e nemmeno ebbe il modo di trovarla.
Cybulska spero’ sempre di tornare nella sua citta’ natale e anche di trovare Jurek (Jerzy) vivo.
La casualita’ rese il suo desiderio realta’..
Mentre parlava con la sua donna delle pulizie polacca nel 1982, Cybulska racconto’ la sua storia della fuga da Auschwitz.
La donna rimase allibita.
“Conosco la storia, ho visto un uomo nella televisione polacca raccontare di essere fuggito con la sua fidanzata ebrea da Auschwitz”, disse la donna delle pulizie a Cybulska.
Trovato il numero di telefono, una mattina del maggio 1983 il telefono squillò nell’appartamento di Bielecki a Nowy Targ.
“Ho sentito qualcuno ridere – o piangere – al telefono e poi una voce femminile ha detto Juracku, sono io, la tua piccola Cyla’” ricorda Bielecki.
Poche settimane dopo si incontrarono all’aeroporto di Cracovia. Lui porto’ 39 rose rosse, una per ogni anno di separazione. Cybulska ritorno’ molte altre volte in Polonia e insieme visitarono il Memoriale di Auschwitz e la famiglia dei contadini polacchi che l’avevano nascosta.
Cybulska chiese alla fine a Jerzy di lasciare la moglie per seguirla in America e vivere sempre insieme. Jerzy rifiuto’ in quanto non poteva abbandonare il suo adorato figlio. Lei tornò a New York lasciandogli un biglietto con scritto: “Non tornerò più Jurek”.
Non si sono mai più incontrati e lei non rispose alle sue lettere.
Cybulska mori’ alcuni anni dopo a New York nel 2006. Bielecki mori’ nel 2011.
Nel 1985, Yad Vashem di Gerusalemme ha assegnato a Bielecki il titolo di giusto tra le nazioni per aver salvato Cybulska.
“Sono molto innamorato di Cyla,” disse Bielecki. “Ho pianto molto dopo la guerra perche’ non era con me, l’ho sognata di notte e mi sono svegliato piangendo”.
Il destino ha deciso per noi, ma lo rifarei ancora.