…”Il mio racconto vuole essere sempre un monito per i ragazzi, perché diventino forti e sappiano fare le scelte giuste. Imparino a non ascoltare quello che grida più forte, anche se spesso è più facile, ma abbiano, invece, molta fiducia in sé stessi. Perché io ho sperimentato la forza che si può avere, anche nei momenti più duri, per andare avanti – ‘una gamba davanti all’altra’ – senza lasciarsi andare”.
Auschwitz I – Il muro delle esecuzioni nel cortile del Blocco 11
Il 29 giugno 1943, vengono portati al Campo di Auschwitz I 40 ostaggi provenienti da Varsavia.
Sono fucilati al muro delle esecuzioni nel cortile del Blocco 11.
Si tratta di un’azione di rappresaglia per gli atti di sabotaggio compiuti da membri del movimento di resistenza contro impianti ferroviari e consistenti nel forare i sostegni delle rotaie.
Le azioni di distruzione e dissesto dei trasporti tedeschi e delle linee ferroviarie sono compiute da gruppi partigiani appartenenti alla resistenza polacca.
Io so cosa vuol dire non tornare. A traverso il filo spinato Ho visto il sole scendere e morire; Ho sentito lacerarmi la carne Le parole del vecchio poeta: “Possono i soli cadere e tornare: A noi, quando la breve luce è spenta, Una notte infinita è da dormire”.
7 febbraio 1946 Primo Levi
Il libro che raccoglie le poesie scritte da Primo Levi:
78 anni fa, il 20 giugno 1942 tra le tre e le quattro del pomeriggio, quattro prigionieri polacchi che lavoravano nei garage del deposito di approvvigionamento delle truppe SS fuggirono dal Campo di Auschwitz.
Kazimierz Piechowski (n. 918), Stanisław Gustaw Jaster (n. 6438), Józef Lempart (n. 3419) e Eugeniusz Bendera (n. 8502).
Tre di loro indossarono uniformi delle SS rubate dal magazzino, il quarto venne incatenato come un prigioniero.
Lasciarono il campo su un’automobile Steyer Typ 220 con il numero di targa SS-20868.
Ad 80 chilometri dal campo abbandonarono l’auto in un fosso.
Una volta riuscita la fuga, inviarono al comandante del lager una lettera nella quale ironicamente si scusarono di avergli rubato un’auto.
Kazimierz Piechowski nato il 3 ottobre 1919 a Rajków. Deceduto il 15 dicembre 2017
Stanisław Gustaw Jaster nato il 1 ° gennaio 1921 a Leopoli. Deceduto a Varsavia il 12 luglio 1943.
Józef Lempart nato il 19 settembre 1916. Deceduto in un incidente d’auto nel 1971
Eugeniusz Bendera nato il 13 o 14 marzo 1906 a Chortkiv. Deceduto a Varsavia il 7 luglio 1988.
Video musicale “Kazik Kommander’s Car” dall’album Coquette di Katy Carr, cantante inglese di origini polacche dedicato alla fuga di Kazimierz Piechowski da Auschwitz.
Emilio Corinaldi era nato a Milano il 26 dicembre 1898, coniugato con Liliana Bemporad.
Tenente del Genio nel Regio Esercito italiano serviva la sua Patria l’Italia.
Quella Patria che mostrandosi perfida matrigna con le leggi razziali italiane del 1938 lo tradiva cacciandolo dal Regio Esercito e privandolo di tutti i diritti fondamentali garantiti dallo Stato verso i propri cittadini.
Patria che lo arrestera’ il 31 ottobre 1943 a Milano. Successivamente deportato insieme alla moglie e al fratello Gino nel Campo di concentramento e centro di sterminio nazista tedesco di Auschwitz Birkenau dove verra’ assassinato all’arrivo l’11 dicembre 1943.
La mamma Pirani Lina verra’ arrestata a Venezia il 17 agosto 1944 e poi deportata ed assassinata all’arrivo ad Auschwitz il 7 settembre 1944.
„Mio fratello Ossi non era un criminale, era un semplice bambino Rom.” Karl Stojka
Josef Stojka “Ossi”
Dal Kalendarium Danuta Czech si legge: “Il 31 marzo 1943 e’ arrivato ad Auschwitz un trasporto di Rom proveniente da Vienna e dal campo di Lakkenbach. 182 uomini ricevono i numeri da Z5612 a Z-5793 e 256 donne e bambine i numeri da Z-6211 a Z-6466”.
Josef (Ossi) Stojka con la sua mamma e i suoi fratelli e sorelle erano in questo trasporto e furono rinchiusi nel “Campo per le famiglie zingare” – Zigeunerlager a Birkenau.
Ossi era il piu’ piccolo, morira’ di tifo il 18 maggio 1944. Il resto della famiglia riuscira’ a sopravvivere.
«Noi Rom e Sinti siamo come i fiori di questa terra.
La parola „bambino” non puo’ essere associata alla parola „prigioniero”.
Durante la seconda guerra mondiale, per i nazisti tedeschi un bambino di una famiglia polacca, ebrea, rom, cattolica, ortodossa poteva essere anche un prigioniero e vittima del sistema criminale.
„Nella raccolta degli oggetti storici di cui si prende cura la nostra Fondazione della Memoria dei luoghi collegati ad Auschwitz-Birkenau (Fundacja Pobliskie Miejsca Pamięci Auschwitz-Birkenau , c’è un elemento speciale e significativo legato al Campo di concentramento e centro di sterminio nazista tedesco di Auschwitz- Birkenau, la parte di una piccola divisa del Campo di un bambino con la toppa numerata e la stella di Davide[…]” – ha dichiarato Agnieszka Molenda, Presidente della Fondazione
Sfortunatamente, si e’ conservata solo la parte superiore.
Sulla toppa c’è una stella di Davide realizzata con un triangolo rosso e uno giallo dipinto, purtroppo il numero di registrazione del bambino non è più presente. La dimensione della toppa è stata adattata alle minuscole dimensioni della divisa ed è significativamente più piccola rispetto alle toppe fatte per gli adulti.
L’uniforme è stata trovata a Brzeszcze, durante la demolizione di una vecchia casa di legno; era in soffitta, incastrata sotto una trave di sostegno del tetto. Purtroppo, e’ stata trovata nella parte dell’edificio in cui il tetto era parzialmente rovinato, motivo per cui solo una parte della divisa si e’ conservata fino ad oggi.
„[…]Probabilmente apparteneva ad un bambino ebreo, salvato dal Campo subito dopo la liberazione. Il 27 gennaio 1945, i russi liberando il complesso di Auschwitz trovarono circa 500 bambini nel Campo. Gli abitanti delle città vicine si affrettarono ad aiutare i sopravvissuti. Molto spesso accolsero nelle loro case, bambini malnutriti e malati, senza badare a nazionalità o religione. Cercarono di salvarne il maggior numero possibile, di curarli, dar loro da mangiare, mantenerli in vita nei loro primi momenti di libertà. Volevano mostrare loro calore ed amore famigliare, farli sentire bambini e non più prigionieri.
Per ora non conosciamo il destino del bambino che fu obbligato ad indossare questa divisa, né il destino della famiglia che ha cercato di riportare il bambino alla vita normale” –prosegue Agnieszka Molenda, presidente della Fondazione
La parola „bambino” non puo’ essere associata alla parola „prigioniero”.
Vedendo queste immagini si prova un grande dolore.
Questo dolore per quanto mi riguarda e’ amplificato dal fatto che purtroppo ancora oggi tanti bambini nel mondo sono „prigionieri”.
Alcuni indossano una divisa e sono uccisi dall’umana mano assassina nelle tante guerre che si stanno combattendo;
altri pur non indossando alcuna divisa vengono uccisi per fame, la sete e le malattie dalla mano assassina dell’indifferenza del Mondo.
Helene Hannenmann era una donna tedesca ariana sposata con Johann violinista Rom. Dal loro matrimonio nacquero cinque bambini, due dei quali gemelli.
Quando nel maggio del 1943 la polizia tedesca entrò nel loro appartamento a Berlino per portare via suo marito e i cinque figli, non esitò e decise di restare con loro.
I nazisti deportarono l’intera famiglia nel Campo di concentramento e centro di sterminio nazista tedesco di Auschwitz-Birkenau. Una volta arrivati al Campo furono rinchiusi nella sezione BIIe di Auschwitz II-Birkenau, lo Zigeunerlager, il “Campo delle famiglie zingare”.
Alla signora Hannemann, di origine tedesca ariana, fu assegnato un lavoro presso il Kindergarten. Nel “Campo delle famiglie zingare”, il dottor Mengele ordinò il cosiddetto Kindergarten una sorta di asilo nido e scuola materna, in cui furono inclusi bambini sotto i 6 anni, compresi quelli oggetto del suo interesse. Molti bambini della scuola materna furono vittime dei suoi esperimenti.
Helene Hannemann, ottenne una promessa personale dal Dr. Mengele che lei e i suoi cinque figli sarebbero stati salvati.
Quando gli uomini delle SS arrivarono alla sezione BIIe con l’obiettivo di procedere alla sua liquidazione nella fatidica notte del 2 agosto 1944, Helene si nascose con i figli nel Kindergarten.
Una volta ultimata l’uccisione di piu’ di 2.800 persone, le SS continuarono ad ispezionare ognuna delle baracche dello Zigeunerlager alla ricerca di eventuali prigionieri nascosti all’interno.
Quando arrivarono al Kindergarten, trovarono tremanti di paura e terrorizzati Helene con i suoi cinque figli.
Le SS offrirono a Helene l’opportunità di salvarsi, era tedesca, non doveva morire, ma le imposero una condizione terribile, che se ne andasse sola lasciando i suoi figli.
Senza esitare si rifiutò e con i suoi cinque figli morì il 2 agosto 1944 in una camera a gas di Birkenau.
I cinque figli e il marito di Helene avevano commesso un solo crimine per i nazisti, erano nati „Rom”.
Oggi di 74 anni fa, il 06 febbraio 1944 giunse ad Auschwitz un convoglio proveniente dall’Italia. Circa 700 ebrei arrestati a Milano e Verona.
All’arrivo furono registrati 97 uomini e 31 donne. Le altre persone furono immediatamente inviate alle camere a gas ed uccise con il gas.
Solo 20 persone risulteranno in vita al termine della guerra.
Tra loro Liliana Segre da pochi giorni nominata Senatore della Repubblica dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella.
Intere famiglie scomparvero per sempre il 6 febbraio 1944…
La famiglia Vitale
L’intera famiglia (Eugenio di 46 anni, la moglie Ovazza Alda di 39 anni e i figli Sergio di 18 anni e Aldo di 13 anni) venne arrestata il 10 dicembre 1943 a Chiavenna e successivamente rinchiusa nel carcere di Varese e Milano.
Deportati ad Auschwitz all’arrivo il 6 febbraio 1944 furono tutti immediatamente inviati alla camera gas e uccisi.
In poche ore un’intera famiglia scomparira’ per sempre.
Alcune foto della famiglia Vitale. Foto di vita quotidiana simili alle nostre.
Eugenio Vitale e Aldo Vitale http://www.cdec.it/
Aldo Vitale, Ada Ovazza Vitale e Sergio Vitale http://www.cdec.it/
Egidio Luzzati, Sergio Vitale e Aldo Vitale http://www.cdec.it/
[…] Ma le madri vegliarono a preparare con dolce cura il cibo per il viaggio, e lavarono i bambini, e fecero i bagagli, e all’alba i fili spinati erano pieni di biancheria infantile stesa al vento ad asciugare; e non dimenticarono le fasce, e i giocattoli, e i cuscini, e le cento piccole cose che esse ben sanno, e di cui i bambini hanno in ogni caso bisogno. Non fareste anche voi altrettanto? Se dovessero uccidervi domani col vostro bambino, voi non gli dareste oggi da mangiare. […]
Primo Levi “Se questo e’ un uomo”
Nel blocco numero 6 ad Auschwitz I l’ultima stanza e’ dedicata ai bambini. Passando davanti ai vestitini, alle scarpine degli innocenti piu’ innocenti di tutti, mi viene sempre alla mente questo pensiero di Primo Levi nel racconto dell’ultima notte nel Campo di Fossoli prima della partenza verso Auschwitz.
Per la mano assassina nazista, l’unica colpa di questi bambini era quella di essere nati.
E’ accettabile essere considerati colpevoli in quanto nati?