L’identità di un bambino assassinato ad Auschwitz è stata scoperta grazie ad una scritta fatta a mano all’interno di una scarpa.

Durante i lavori di conservazione delle scarpe che fanno parte dell’esposizione permanente al Memoriale di Auschwitz, all’interno di una scarpa da bambino il personale del Museo ha scoperto un’iscrizione fatta a mano che mostra il nome e il cognome di un bambino e il numero assegnatogli quando i tedeschi lo deportarono ad Auschwitz per essere assassinato dal ghetto di Theresienstadt vicino a Praga il 4 ottobre 1944.

Scarpa di Amos Steinberg dove e’ stata ritrovata la scritta. Foto Museo Statale Auschwitz Birkenau www.auschwitz.org

L’iscrizione rivela che il nome del ragazzo era Amos Steinberg. Era nato il 26 giugno 1938 e viveva a Praga.

Poco dopo il suo quarto compleanno nel 1942, Amos fu imprigionato con i genitori Ludwig e Ida nel ghetto di Theresienstadt vicino a Praga.

Fu deportato ad Auschwitz insieme a sua madre nello stesso trasporto il 4 ottobre 1944.

Secondo il Memoriale di Auschwitz, è probabile che entrambi siano stati assassinati nella camera a gas all’arrivo immediatamente dopo la selezione.

Sempre in base alle fonti del Museo e documentazione si e’ scoperto che il padre venne deportato ad Auschwitz con un altro trasporto ed il 10 ottobre 1944 trasferito a Dachau. Fu liberato nel Sottocampo di Kaufering.

Scarpa di Amos Steinberg. Foto Museo Statale di Auschwitz Birkenau www.auschwitz.org

Durante gli stessi lavori di conservazione, in un’altra scarpa, sono stati ritrovati documenti in ungherese contenenti informazioni su persone che erano state deportate al Campo.

Hanna Kubik del dipartimento delle collezioni del Museo ha dichiarato: “Questa scoperta è molto preziosa e interessante, perché i documenti sono in buone condizioni.

“Mostrano le date (1941 e 1942), i nomi delle persone, le loro firme scritte a mano.”

Inoltre ha aggiunto: “Alcuni sono documenti ufficiali; c’è anche un frammento di carta con i nomi Ackermann, Bravermann e Beinhorn.

“Queste persone furono probabilmente deportate ad Auschwitz nella primavera o nell’estate del 1944 durante lo sterminio degli ebrei ungheresi”.

Documenti ritrovati. Foto Museo Statale di Auschwitz Birkenau www.auschwitz.org

Questi ritrovamenti sono la conferma che cio’ che vediamo nel blocco nr. 5 “La prova del crimine” non sono oggetti ma rappresentano storie e persone.

Ancora oggi dopo quasi 80 anni ci “raccontano” la loro storia.

Il nostro dovere guardarli ed ascoltarli.

Nota storica:

In totale, i tedeschi inviarono 24 trasporti di oltre 46.000 ebrei dal ghetto di Theresienstadt ad Auschwitz.

Il numero totale di ebrei ungheresi inviati ad Auschwitz nel 1944 era di circa 430.000.Immediatamente dopo l’arrivo, 325-330.000 persone furono uccise nelle camere a gas, o oltre il 75% degli ebrei deportati dall’Ungheria.

 

Fonte Museo Statale Auschwitz Birkenau  www.auschwitz.org

Foto Museo Statale Auschwitz Birkenau www.auschwitz.org

Emilio Corinaldi Tenente del Genio nel Regio Esercito italiano assassinato ad Auschwitz l’11 dicembre 1943

http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-1627/corinaldi-emilio.html

Emilio Corinaldi era nato a Milano il 26 dicembre 1898, coniugato con Liliana Bemporad.

Tenente del Genio nel Regio Esercito italiano serviva la sua Patria l’Italia.

Quella Patria che mostrandosi perfida matrigna con le leggi razziali italiane del 1938 lo tradiva cacciandolo dal Regio Esercito e privandolo di tutti i diritti fondamentali garantiti dallo Stato verso i propri cittadini.

Patria che lo arrestera’ il 31 ottobre 1943 a Milano. Successivamente deportato insieme alla moglie e al fratello Gino nel Campo di concentramento e centro di sterminio nazista tedesco di Auschwitz Birkenau dove verra’ assassinato all’arrivo l’11 dicembre 1943.

La mamma Pirani Lina verra’ arrestata a Venezia il 17 agosto 1944 e poi deportata ed assassinata all’arrivo ad Auschwitz il 7 settembre 1944.

La loro colpa l’essere “nati Ebrei”.

Questa e’ stata l’Italia fascista!

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La storia dimenticata di Borek – Chelm

A Borek, periferia di Chelm si trova il bosco degli italiani, per i polacchi „la padella degli italiani”. Un bosco ad est della Polonia al confine con l’Ucraina dove i nazisti tedeschi trucidarono per poi seppellire in fosse comuni (camuffatte piantumando l’intera zona) migliaia di soldati italiani (IMI) che si erano rifiutati di continuare la guerra al fianco della Germania nazista. Nel 1946 furono ritrovate 11 fosse comuni, lunghe 20 metri dove riesumarono migliaia di corpi, 3122 furono riconosciuti come militari italiani attraverso le divise e gli effetti personali.

Una strage della quale non si parla e si conosce poco in quanto lo Stato Italiano si e’ totalmente dimenticato, o meglio volutamente dimenticato per „ la ragion di Stato”.

Lo scorso corso anno sono stato in visita nel bosco di Borek. In prossimita’ del cimitero cittadino, si trovano alcune tombe comuni, curate dagli abitanti del luogo, dove sono sepolti i resti dei soldati italiani che hanno pagato con la vita, il loro „NO” al nazismo tedesco. 

Una lapide posta privatamente da alcuni reduci nel 1989 con la scritta „L’ITALIA RICORDA GUISCO CHELM 1989” celebra il loro sacrificio.

A circa un chilometro dal luogo della strage nel bosco si possono ancora vedere alcuni resti di quello che era lo stalag 319.

Frammenti della testimonianza di Claudio Sommaruga uno dei sopravvissuti allo stalag 319.

„…A Chelm vi erano molti Lager con una capienza totale di 25.000 prigionieri russi, italiani (IMI) e deportati civili. Nell’autunno 1943 vi transitarono 10/13.000 militari italiani catturati in Grecia e nei Balcani. Dal novembre del 1943 a fine gennaio del 1944, nello St 319/C furono internati circa 2350 ufficiali italiani (tra cui lo scrivente) e un centinaio di soldati. Era un vecchio Lager fatiscente della grande guerra, inagibile dal 1942 anche per prigionieri russi ma per i nazisti idoneo e intimidatorio per degli ufficiali italiani renitenti ad ogni collaborazione! Freddo sotto zero con punte anche a –30°C, ghiaccioli in baracca dal tetto, riscaldamento a calor d’uomo con la stufetta accesa ogni tanto se c’era torba, giacigli con assicelle rade come arcate di ponti e pochi trucioli per materasso, niente luce elettrica né acqua potabile, terreno paludoso, disciplina ferrea e ginnastica sotto la neve perché candidati alla “tratta degli schiavi”. La fame era da piaga biblica, senza pacchi da casa e appena smorzata dall’“autocannibalismo” di muscoli e grassi e dalla svendita a borsa nera degli ultimi effetti personali, con una speranza di vita di pochi mesi e con malattie favorite dall’inedia (influenza, tifo, tbc, dissenteria.)[…]

…A Chelm alloggiavo nella baracca n. 29, quando il 19 gennaio 1944 i tedeschi sorteggiarono quelli delle baracche dispari e li caricarono su una tradotta per Deblin e da allora non avemmo più notizie dei compagni delle baracche pari! Tre anni dopo, il 24 ottobre 1946, il Corriere della Sera pubblicava reportage del giornalista americano E. Stone con un titolo che mi fece sobbalzare: ”Ho visto a Chelm le fosse degli italiani”. Che fossero i miei compagni delle baracche pari? […]

…Secondo varie testimonianze, 400 ufficiali italiani sarebbero stati fucilati, 50 al giorno, dopo esposizione al gelo, rei di avere esortato i soldati a non collaborare col nemico! Una settimana dopo fu la volta dei soldati sempre renitenti, dapprima torturati al freddo senza coperte e cibo, poi mitragliati dalle SS, comandate da un maggiore, dopo essersi scavate le fosse dove furono sepolti anche vivi da prigionieri russi! Terrificante! […]

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Un video (in lingua polacca) con immagini e testimonianze