Brewda Alina ginecologa-ostetrica prigioniera nel blocco 10 (esperimenti) nel Campo di Auschwitz I

Dal Kalendarium di Danuta Czech

“21 settembre 1943 Per ordine dell’SS-Standortfuher¸ dottor Lolling e del capo dellíUfficio D III del WVHA, la dottoressa Alina Brewda e’ spostata dal Campo di concentramento di Lublino (Majdanek) in quello di Auschwitz. Qui riceve il numero 62761”.

Brewda Alina Fot. Arkiwum Uniwersytetu Warszawskiego
Brewda Alina Fot. Arkiwum Uniwersytetu Warszawskiego

Brewda Alina (13 giugno 1905 Varsavia – 1988) – ginecologa-ostetrica.

Alina Brewda era nata a Varsavia da una famiglia ebrea. I genitori gestivano uno studio dentistico privato nella loro casa. Dopo aver superato l’esame di maturità nel 1923, iniziò a studiare presso la Facoltà di Medicina dell’ Università di Varsavia. Nel 1930 conseguì il diploma di medico e iniziò a lavorare all’ospedale Wolski.

Nell’autunno del 1940, dopo la creazione del ghetto di Varsavia, la dottoressa Brewda, insieme a sua madre e suo fratello, si trasferì in un appartamento in via Elektoralna, dove continuo’ a visitare i malati in una delle due stanze in affitto. Nella primavera del 1942, la madre morì nel ghetto. Presto morì anche suo fratello Alexander. Probabilmente fu assassinato nel centro di sterminio di Treblinka.

Dopo la rivolta del ghetto di Varsavia, fu inclusa in un trasporto al Campo di concentramento di Majdanek (KL Lublin). Probabilmente arrivo’ lì il 27 aprile 1943. Nel campo lavorava nel reparto ospedaliero per donne ebree. Il 21 settembre 1943, fu trasferita al Campo di Auschwitz.

Dopo essere arrivata ad Auschwitz, le fu assegnato il numero 62 761 e fu indirizzata alla sezione BIa di Birkenau, dove rimase fino alla fine di settembre. Trasferita al blocco 10 nel campo principale, fu nominata medico capo di questo blocco con diritti di blocco. Le donne sottoposte a esperimenti medici nel blocco 10 ricordarono dopo la guerra che la dottoressa Brewda mostrava loro “sostegno materno” durante l’internamento.

Oltre ad organizzare le cure mediche per le donne imprigionate nel blocco 10, fu anche attiva nel movimento di resistenza del Campo.

Alla fine del mese di luglio 1944 fu condannata a morte nel bunker del blocco 11. Dopo diciassette giorni di attesa dell’esecuzione (era destinata all’impiccagione), fu rilasciata senza alcuna spiegazione e per breve tempo inviata in un blocco delle donne nella cosiddetta estensione del campo, e poco dopo nel settore BIb a Birkenau.

Il 18 gennaio 1945 fu evacuata attraverso Pszczyna e Wadowice, Amburgo, Berlino nel campo di concentramento di Ravensbrück, da dove dopo una settimana fu trasportata nel campo di Neustadt – Glewe. Lì, si ammalò di tifo. Grazie alle cure amorevoli della Dott.ssa Dora Klein (Dorota Lorska) e della Dott.ssa Alina Przerwy-Tetmajer, visse fino alla liberazione nel maggio 1945.

Dopo la liberazione, ritorno’ a Varsavia e nel febbraio 1947 emigrò dalla Polonia in Inghilterra.

La dottoressa Brewda mori’ nel 1988.

Frammenti della testimonianza rilasciata il 19 novembre 1946 presso il tribunale di Varsavia dalla Dottoressa Alina Brewda nata a Varsavia il 14 giugno 1905 deportata a Majdanek e successivamente trasferita ad Auschwitz il 21 settembre 1943.

[…] Nell’aprile del 1943, venni internata nel Campo di Majdanek, dove sono rimasta fino al 22 settembre 1943. A quel tempo, gestivo un blocco di malati di malaria ed ero ginecologo in tutta l’area di Majdanek. […] A causa delle mie qualifiche professionali, sotto la scorta della Oberaufseherin del Campo femminile di Majdanek Ella Ehrich, venni trasferita al Campo di Auschwitz, dove fui assegnata al blocco sperimentale del prof. dott. Clauberg e a disposizione del dott. Wirth. A quel tempo, uscì l’ordine di Himmler che solo una donna poteva essere un medico nei blocchi ospedalieri femminili.[…]

[…]Il blocco 10 era un edificio in mattoni a un piano situato accanto al blocco 11,- il cosiddetto bunker, dove si tenevano continue esecuzioni nel cortile fino al dicembre 1943 […]

[…]Questo blocco ospitava le cosiddette stazioni sperimentali dove i medici tedeschi eseguirono vari esperimenti. Al piano terra dell’isolato c’erano due grandi stanze d’ospedale chiamate reparti, una struttura per i raggi X, una sala operatoria, uno studio dentistico, un ufficio dell’Istituto di Igiene, una stanza delle infermiere, una stanza per le SS e infine un bagno e servizi igienici. Al primo piano c’erano le prigioniere, assegnate agli esperimenti e raccolte nel blocco appositamente per questo scopo. C’erano solo donne ebree di 14 nazionalità. […]

[…] C’erano quattro stazioni sperimentali nel blocco 10.[…]

[…]La prima stazione sperimentale venne istituita nel dicembre 1942 e funziono’ fino alla fine dell’esistenza del Campo dal Obersturmbannführer prof. Carl Clauberg, originario di Królewska Huta, dove aveva un’enorme struttura privata di ginecologia e ostetricia. Il suo vice era il chimico Dr. Goebel, un civile appositamente fatto venire per produrre nuovi liquidi di contrasto, perché lipiodol e iodipina (mezzi di contrasto) erano esauriti. Nel laboratorio allestito nel Campo, Goebel, oltre a liquidi di contrasto, realizzava creme, dentifrici e altri prodotti cosmetici. Assistenti di Clauberg erano anche SDG (Sanitätsdienstgrad) Oberscharführer Bünning e le prigioniere di nazionalità slovacca: Magda Hans, morta di tubercolosi, Sylvia Friedmann, consegnata alle autorità sovietiche nel maggio 1945, Ria Hanzová di Humenné (Slovacchia) e una polacca che attualmente vive a Varsavia  Queste donne furono “comprate” dal prof. Clauberg pagando all’amministrazione del Campo un marco tedesco a settimana per prigioniera. Erano utili a Clauberg per la loro esperienza.[…]

[…]Gli esperimenti di Clauberg consistevano nell’iniettare liquidi di contrasto – lipiodol e iodipina – nell’utero e nelle tube di Falloppio.[…]La procedura era brutale e spesso complicata da infiammazione del peritoneo, delle ovaie e delle tube di Falloppio, con febbre alta.[…] In vista dell’esaurimento di iodipina e lipiodol, Goebel creo’ nuovi liquidi di contrasto, iniettandoli in un numero sempre maggiore di pazienti. I fluidi di Goebel facevano schifo, perché non davano immagini chiare, e iniettarli provocava un dolore pazzesco e una sensazione di bruciore che i pazienti riempivano l’isolato di tali urla che gli uomini delle SS in servizio si precipitarono fuori dalla loro stanza per chiedere cosa stesse succedendo su.[…]

[…]La seconda stazione sperimentale gestita dal ginecologo Hauptsturmführer, il dottor Edward Wirths, originario della Renania. […] Nel gennaio o febbraio 1944, Wirths aprì uno studio per pazienti affetti da tifo e scabbia nel blocco 10. […] Allo stesso tempo, nel reparto di Wirths furono collocate donne italiane e una donna francese, di cui non ricordo i nomi. Wirths ordinò di spalmare sui malati un liquido misterioso con l’odore di cianuro di potassio. La preparazione fu portata dal segretario di Wirths, un prigioniero di nazionalità austriaca, Hermann Langbein, che a quel tempo era il capo dell’organizzazione clandestina di Auschwitz. […] Dopo uno studio condotto segretamente da un prigioniero ebreo, il farmacista Strauch, si scopri’ che il preparato era una diluizione di cianuro di potassio 1: 10.000. Abbiamo spalmato d’acqua i malati, abbiamo detto a Wirths che la preparazione era inefficace, e siccome era il febbraio 1944 e c’era ansia per il fronte in avvicinamento, l’esperimento fu abbandonato e si passò alla cura abituale. […] Nella stazione di Wirths non vennero effettuati trattamenti di sterilizzazione.[…]

[…] La terza stazione sperimentale fu aperta in una parte del Blocco 10, dal medico delle SS Obersturmführer Schumann, che sosteneva di essere un professore, si occupò della sperimentazione nella sterilizzazione di donne e uomini, che fu messa in discussione anche dalle stesse SS.[…]La sua stazione sperimentale si trovava a Birkenau, usava occasionalmente la sala raggi X nel blocco 10, e qui, su suo ordine, venivano eseguite le operazioni. Schumann condusse esperimenti dal 3 aprile 1943 all’ottobre 1943.[…] La fase di trattamento prevedeva l’irradiazione nelle parti intime con raggi X. Schumann usava dosi di castrazione. […] Dopo le procedure, i pazienti hanno sofferto molto perché la cavità addominale era rimasta aperta. Dopo le procedure, i prigionieri venivano rimandati a Birkenau o Auschwitz, da dove di solito andavano alle camere a gas. […]

La quarta stazione sperimentale

[…]Nel blocco 10 c’era anche una stazione di analisi del sangue (Blutspendung), che era un dipartimento dell’Istituto di Igiene, dove c’erano diverse stazioni sperimentali, ad esempio per la ricerca sulle piante, la meteorologia, i laboratori batteriologici per gli ospedali delle SS nella Slesia- Distretto di Cracovia, di ricerca sperimentale e scientifica sui gruppi sanguigni A e B, B e C, alla ricerca di questi in tutte le secrezioni, saliva, sudore, urina, ecc. Il capo dell’Istituto d’igiene di Rajsko era l’ Obersturmführer dottor Weber.[…]Nell’unità situata a Auschwitz nel blocco 10, il vice di Weber era Münch e due Oberscharführer, uno dei quali si chiamava Zabel, non ricordo il nome dell’altro. […] Gli esperimenti hanno riguardato i gruppi sanguigni e le secrezioni di 130 prigionieri.[…] Inoltre, le donne sono state infettate localmente (intradermicamente) iniettando siero streptococco e poi somministrando preparazioni di sulfamidici. Le aree infette furono poi spalmate con unguenti. […]Sempre nel blocco 10, l’ Untersturmführer Frank, un dentista per le SS, aveva un laboratorio odontotecnico e tecnico.[…] L’ufficio era dotato di dispositivi tecnici, vi si producevano dentiere, si prelevavano denti dalle protesi dei prigionieri. […]

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Fonti:

Kalendarium Danuta Czech

https://www.zapisyterroru.pl/dlibra

https://sztetl.org.pl/pl

 

 

“Le donne entrarono per la gran porta […]”

Pushing chairs author Francis Reisz Paris 1945 Collections of the Auschwitz Birkenau State Museum

” […]Le donne entrarono per la gran porta e sostarono nell’atrio.

Le attendevano colà cinquanta carrozzine da bimbo. Il tedesco ordinò a ciascuna di prendere una carrozzina e di spingerla, in fila per cinque, per tre chilometri fino al magazzino dove veniva raccolto e smistato il bottino dei convogli.

La tensione nervosa si attenuò, ma su ogni volto si stampò una piega di dolore.

Lo strano corteo si mosse: le madri che avevano lasciato dei figli lontano poggiavano le mani sul manubrio cercando istintivamente la posizione più naturale, alzando dinanzi agli ostacoli prontamente le ruote anteriori. Vedevano giardini, viali, bimbi rosei addormentati nelle carrozzine sotto vaporose copertine rosa e celesti.

Le donne che avevano perduto i bambini al crematorio provavano lo struggimento fisico di aver un piccolo attaccato al seno e non vedevano che un lungo pennacchio di fumo che si perdeva nell’infinito.

Quelle che non erano state madri, spingendo maldestre le carrozzine, pensavano che mai lo sarebbero diventate e ringraziavano Dio.

E tutte le carrozzine vuote stridevano, sussultavano e si urtavano con l’aria stanca e desolata degli esuli perseguitati. […]”

Giuliana Tedeschi, tratto dal suo libro “C’è un punto della terra… Una donna nel lager di Birkenau” (ed. Giuntina – pag.76).

 

 

77 ° anniversario della prima deportazione degli ebrei italiani ad Auschwitz Birkenau

Nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 1943, arrivo’ nel Campo di concentramento e sterminio nazista tedesco di Auschwitz Birkenau il primo trasporto italiano con oltre mille uomini, donne e bambini.

Solo 149 uomini e 47 donne vennero registrate nel Campo, le restanti persone immediatamente inviate ai centri di sterminio ed uccise con il gas. Soltanto 16 sopravviveranno: quindici uomini, una sola donna e nessun bambino.

Nonostante i tempi difficili della pandemia, insieme ai rappresentanti della “Foundation of Memory Sites near Auschwitz-Birkenau”, davanti ai carri bestiame originali presso il Memoriale Judenrampe di Birkenau,  abbiamo acceso un cero,  depositato un mazzo di fiori e con un minuto di silenzio onorato e ricordato le vittime dei trasporti italiani e tutte le vittime dei trasporti provenienti dai vari paesi europei deportati ed uccisi nel Campo di concentramento e centro di sterminio nazista tedesco di Auschwitz Birkenau.

 

Secondo le fonti, arrivarono alla Judenrampe dall’Italia circa 3.300 donne, uomini e bambini ed in totale più di 7.500 furono deportati nel complesso di Auschwitz. Le foto originali (data base CDEC) mostrano la famiglia Calò che fu deportata con questo primo trasporto. Nelle foto si vedono tre bambini: Roberta Lina Calò di 6 anni, Graziella Calò di 3 anni e Mario Calò di 10 anni – questi bambini, insieme alla loro mamma, furono immediatamente inviati alle camere a gas ed uccisi con il gas.

foto CDEC

Dall’inizio della primavera 1942 al maggio 1944, la Judenrampe fungeva da punto d’arrivo per i trasporti provenienti dall’intera Europa. Qui, scendevano dai carri bestiame davanti ai due edifici dei magazzini alimentari del Campo della Fünfkartofellagerhalle und Krautsilos KL Auschwitz-Birkenau (cioè patate e cavoli), qui, le famiglie venivano divise, uomini da una parte donne e bambini dall’altra; qui avvenivano le selezioni tra abili oppure inabili al lavoro schiavo per il Terzo Reich tedesco. Di norma oltre l’80% di persone per ogni trasporto veniva immediatamente inviato alle camere a gas ed ucciso con il gas. Per tre anni, questo luogo divenne l’ultima “stazione” di vita per circa mezzo milione di persone deportate con la forza dai tedeschi per essere uccisi.

 

Ringrazio i rappresentanti della “Foundation of Memory Sites near Auschwitz-Birkenau” per aver condiviso questo tragico avvenimento importante per noi italiani nonostante il difficile periodo dovuto alla pandemia.

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6 agosto 1944 destinazione Auschwitz Birkenau

Il 6 agosto 1944 giunse ad Auschwitz un trasporto con circa 300 ebrei italiani partito dal Campo di transito di Fossoli di Carpi Modena il 2 agosto.

23 donne  e 80 uomini furono registrati nel Campo.

I restanti  uomini, donne e bambini furono immediatamente all’arrivo inviati alle camere a gas ed uccisi con il gas.

In questo trasporto si trovava Bruna Teresa Uggeri, figlia di Pietro Uggeri e Livia Curiel.

Era nata  a Milano il 21 maggio 1940.

L’otto novembre 1943 venne arrestata con la mamma e rinchiusa nel carcere di San Vittore a Milano.

Partita dall’Italia il 2 agosto 1944, insieme alla sua mamma vennero  all’arrivo ad Auschwitz immediatamente inviate alle camere a gas ed uccise con il gas.

 6 agosto 1944 Bruna Teresa di soli 4 anni  

viene assassinata dai  nazisti 

“Il filo d’erba e il tramonto su Auschwitz”

“Rispetto al creato, ora, non posso dire che ami l’umanità, ma amo la terra su cui abbiamo la fortuna di vivere; amo l’albero che fiorisce, il sole che tramonta. Talvolta racconto la storia del filo d’erba che incontravo ogni mattina in Lager. Ogni mattina, quando percorrevamo la via centrale del campo per andare a lavorare, vedevo spuntare tra due pietre un filo d’erba. Tante mie compagne strappavano questi fili d’erba, ma io ne avevo uno speciale che ogni mattino guardavo e che mi diceva: Vi è della vita tra le pietre. E questo mi ha sempre confortato. Io trovo che la cosa più grande che noi abbiamo è la bellezza di questa terra, su cui possiamo vivere: questo è per me di grande conforto, è ciò che ancor oggi mi rende accetta la vita”.

Liana Millu

Scrittrice, antifascista e partigiana italiana di origine ebraica sopravvissuta ad Auschwitz

L’identità di un bambino assassinato ad Auschwitz è stata scoperta grazie ad una scritta fatta a mano all’interno di una scarpa.

Durante i lavori di conservazione delle scarpe che fanno parte dell’esposizione permanente al Memoriale di Auschwitz, all’interno di una scarpa da bambino il personale del Museo ha scoperto un’iscrizione fatta a mano che mostra il nome e il cognome di un bambino e il numero assegnatogli quando i tedeschi lo deportarono ad Auschwitz per essere assassinato dal ghetto di Theresienstadt vicino a Praga il 4 ottobre 1944.

Scarpa di Amos Steinberg dove e’ stata ritrovata la scritta. Foto Museo Statale Auschwitz Birkenau www.auschwitz.org

L’iscrizione rivela che il nome del ragazzo era Amos Steinberg. Era nato il 26 giugno 1938 e viveva a Praga.

Poco dopo il suo quarto compleanno nel 1942, Amos fu imprigionato con i genitori Ludwig e Ida nel ghetto di Theresienstadt vicino a Praga.

Fu deportato ad Auschwitz insieme a sua madre nello stesso trasporto il 4 ottobre 1944.

Secondo il Memoriale di Auschwitz, è probabile che entrambi siano stati assassinati nella camera a gas all’arrivo immediatamente dopo la selezione.

Sempre in base alle fonti del Museo e documentazione si e’ scoperto che il padre venne deportato ad Auschwitz con un altro trasporto ed il 10 ottobre 1944 trasferito a Dachau. Fu liberato nel Sottocampo di Kaufering.

Scarpa di Amos Steinberg. Foto Museo Statale di Auschwitz Birkenau www.auschwitz.org

Durante gli stessi lavori di conservazione, in un’altra scarpa, sono stati ritrovati documenti in ungherese contenenti informazioni su persone che erano state deportate al Campo.

Hanna Kubik del dipartimento delle collezioni del Museo ha dichiarato: “Questa scoperta è molto preziosa e interessante, perché i documenti sono in buone condizioni.

“Mostrano le date (1941 e 1942), i nomi delle persone, le loro firme scritte a mano.”

Inoltre ha aggiunto: “Alcuni sono documenti ufficiali; c’è anche un frammento di carta con i nomi Ackermann, Bravermann e Beinhorn.

“Queste persone furono probabilmente deportate ad Auschwitz nella primavera o nell’estate del 1944 durante lo sterminio degli ebrei ungheresi”.

Documenti ritrovati. Foto Museo Statale di Auschwitz Birkenau www.auschwitz.org

Questi ritrovamenti sono la conferma che cio’ che vediamo nel blocco nr. 5 “La prova del crimine” non sono oggetti ma rappresentano storie e persone.

Ancora oggi dopo quasi 80 anni ci “raccontano” la loro storia.

Il nostro dovere guardarli ed ascoltarli.

Nota storica:

In totale, i tedeschi inviarono 24 trasporti di oltre 46.000 ebrei dal ghetto di Theresienstadt ad Auschwitz.

Il numero totale di ebrei ungheresi inviati ad Auschwitz nel 1944 era di circa 430.000.Immediatamente dopo l’arrivo, 325-330.000 persone furono uccise nelle camere a gas, o oltre il 75% degli ebrei deportati dall’Ungheria.

 

Fonte Museo Statale Auschwitz Birkenau  www.auschwitz.org

Foto Museo Statale Auschwitz Birkenau www.auschwitz.org

I magazzini “Canada” di Auschwitz-Birkenau

“…C’erano scarpe di ogni forma e dimensione e migliaia e migliaia di valigie e bauli…”

“…Il canada non era altro che un raccapricciante cimitero di oggetti…”

Eva Geiringer Schloss sopravvissuta ad Auschwitz

I magazzini Canada, conosciuti anche come Effektenlager o semplicemente Canada, erano i depositi nel Campo di concentramento di Auschwitz dove venivano conservati gli oggetti rubati ai deportati. Nulla per i nazisti tedeschi doveva essere sprecato, tutto veniva monetizzato o reciclato. Quindi, dopo essere stati divisi per tipo venivano ricaricati sui treni e spediti in Germania per essere distribuiti alla popolazione.

 

Il buio della ragione umana

Tramonto a Birkenau  Fot. Michele
Tramonto a Birkenau Fot. Michele

 

Il tramonto di Fossoli

Io so cosa vuol dire non tornare.
A traverso il filo spinato
Ho visto il sole scendere e morire;
Ho sentito lacerarmi la carne
Le parole del vecchio poeta:
“Possono i soli cadere e tornare:
A noi, quando la breve luce è spenta,
Una notte infinita è da dormire”.

7 febbraio 1946
Primo Levi

Il libro che raccoglie le poesie scritte da Primo Levi:

“Ad ora incerta” di Primo Levi
Garzanti, Milano, 1990

Emilio Corinaldi Tenente del Genio nel Regio Esercito italiano assassinato ad Auschwitz l’11 dicembre 1943

http://digital-library.cdec.it/cdec-web/persone/detail/person-1627/corinaldi-emilio.html

Emilio Corinaldi era nato a Milano il 26 dicembre 1898, coniugato con Liliana Bemporad.

Tenente del Genio nel Regio Esercito italiano serviva la sua Patria l’Italia.

Quella Patria che mostrandosi perfida matrigna con le leggi razziali italiane del 1938 lo tradiva cacciandolo dal Regio Esercito e privandolo di tutti i diritti fondamentali garantiti dallo Stato verso i propri cittadini.

Patria che lo arrestera’ il 31 ottobre 1943 a Milano. Successivamente deportato insieme alla moglie e al fratello Gino nel Campo di concentramento e centro di sterminio nazista tedesco di Auschwitz Birkenau dove verra’ assassinato all’arrivo l’11 dicembre 1943.

La mamma Pirani Lina verra’ arrestata a Venezia il 17 agosto 1944 e poi deportata ed assassinata all’arrivo ad Auschwitz il 7 settembre 1944.

La loro colpa l’essere “nati Ebrei”.

Questa e’ stata l’Italia fascista!

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“Samudaripen” – “Tutti morti”. Genocidio del popolo Rom e Sinti.

Auschwitz II Birkenau

“Noi Rom e Sinti siamo come i fiori di questa terra. Ci possono calpestare, ci possono eradicare, gassare, ci possono bruciare, ci possono ammazzare – ma come i fiori noi torniamo comunque sempre”.

Karl Stojka.

Sopravvissuto ad Auschwitz nr. Z-5742