
Il 14 agosto il mondo cattolico ricorda la figura di San Massimiliano Kolbe, Sacerdote Francescano arrestato nel maggio 1941 dai nazisti ed internato ad Auschwitz. Alla fine del mese di luglio dello stesso anno un uomo del blocco di Kolbe riusci’ a fuggire dal Campo. Per rappresaglia i tedeschi selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel bunker della fame. Quando uno dei dieci condannati, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. Dopo 2 settimane il 14 agosto 1941, senza acqua né cibo nel bunker, visto che quattro dei dieci condannati, tra cui Kolbe, erano ancora vivi, furono uccisi con una iniezione di acido fenico.
Il 15 agosto 1941 festa dell’Assunzione, il corpo di padre Kolbe fu bruciato nel forno crematorio e le sue ceneri furono sparse nel vento.
Una volta, profeticamente, San Massimiliano Kolbe aveva detto:
“Vorrei essere come polvere per viaggiare con il vento e raggiungere ogni parte del mondo e predicare la Buona Novella.”
Con il suo martirio, disse Giovanni Paolo II, egli ha riportato «la vittoria mediante l’amore e la fede, in un luogo costruito per la negazione della fede in Dio e nell’uomo».
Frammento della testimonianza di Bruno Borgowiec nr. di registrazione nel Campo 1192 che era impiegato nel blocco della Morte.
„Il blocco numero 13, (poi divenuto Blocco 11, in seguito ad un cambio di numerazione del campo), era situato nella parte destra del campo, circondato da un muro alto sei metri. Nel sotterraneo (bunker) v’erano delle celle, mentre a pianterreno aveva stanza la Compagnia di disciplina. Alcune celle del sotterraneo avevano delle finestrine e delle brande, altre ne erano sprovviste e buie. Ebbene, ad una di queste celle condussero i dieci prigionieri del blocco n°14. Chiudendo, le guardie gridarono sghignazzando: «Vi seccherete come tulipani». Da quel giorno, gli infelici non ebbero alcun cibo. Ogni giorno le guardie, facendo le visite di controllo, ordinavano di portare via i cadaveri di coloro che erano morti nel corso della notte. Nei momenti di assenza delle guerdie, scendevo nel sotterraneo per conversare e consolare i compagni. Le calde preghiere e gli inni alla ss Vergine si diffondevano per tutto il sotterraneo. Mi sembrava di essere in chiesa: padre Massimiliano Kolbe incominciava, e tutti gli altri rispondevano. Qualche volta erano cosi’ immersi nella preghiera, che non si accorgevano della venuta delle guardie per la solita visita. Finalmente, alle grida di queste, le voci si spegnevano. Quale martirio abbiano dovuto sostenere i prigionieri condannati ad una morte cosi’ atroce, lo attesta il fatto che i secchi (latrine) erano sempre vuoti e asciutti, dal che conviene arguire che i disgraziati bevevano, per la sete, la propria urina. Siccome i prigionieri erano gia’ molto indeboliti, ormai le preghiere si recitavano solo sotto voce. Ad ogni ispezione, mentre gia’ quasi tutti giacevano sul pavimento, si vedeva padre Kolbe in piedi o in ginocchio in mezzo a loro: con sguardo sereno fissava coloro che entravano […].
Cosi’ trascorsero due settimane. I prigionieri erano morti l’uno dopo l’altro, e, dopo due settimane, ne erano rimasti ancora solo 4, tra cui anche padre Kolbe. Alle autorita’ sembrava che la cosa si protraesse troppo a lungo: la cella era necessaria per altre vittime. Percio’, il 14 agosto 1941, condussero nel bunker il criminale tedesco Boch, dell’ospedale, che fece a tutti delle iniezioni endovenose di acido fenico nel braccio sinistro. Vidi padre Kolbe, con la preghiera sulle labbra, porgere il braccio al carnefice. Non riuscii a sopportarlo. Con il pretesto di dover lavorare in ufficio, andai fuori. Appena uscirono le SS ed il carnefice, ritornai nella cella. Vi trovai Padre Massimiliano Kolbe seduto, appoggiato al muro, con gli occhi aperti e la testa china verso un lato. Il suo viso, sereno e puro, era raggiante […].”
Bruno Borgowiec